3 chiavi per non arrabbiarci con i nostri figli

Ma perché ci arrabbiamo tanto con i nostri figli?

Se ci arrabbiamo è davvero a causa loro?

È opportuno che usciamo dal paradigma “Io sono arrabbiato perché lui/lei mi ha fatto arrabbiare”.

Se un bambino ha un comportamento inadeguato, per esempio piange, urla o picchia, non lo fa apposta. I suoi atteggiamenti ci parlano delle sue emozioni, dei suoi bisogni frustrati.

È certamente sopraffatto da quei processi istintivi neurologici che scattano in tutti noi quando si accende dentro di noi un “allarme”. È la tensione prodotta dalla frustrazione, dalla paura, dalla rabbia del non sentirsi compresi, bravi, degni del nostro amore, dalla stanchezza, che schiaccia il bottone.

Il bambino non sa dare un nome a ciò che sente e gli accade, e questo vale anche per i preadolescenti e gli adolescenti, se non hanno avuto una buona educazione emotiva e dei buoni esempi di gestione delle emozioni in famiglia.

I neurologi ci dicono che la corteccia cerebrale e i lobi prefrontali, che ci permettono di comprendere, valutare, gestire le nostre emozioni e i nostri comportamenti, non sono completamente sviluppati fino ai 21 anni.

 Questo significa che spesso pretendiamo dai bambini, e dai ragazzi, competenze e abilità che non sono ancora in grado di acquisire, perché certe funzioni fisiologiche non hanno ancora terminato il loro processo di formazione.

Certi comportamenti inadeguati dei bambini sono dunque in realtà delle richieste di aiuto: “Aiutami! Non so cosa sta succedendo dentro di me, sento disagio, non so come gestire tutto questo!”

Siamo noi i adulti, i maturi, con il cervello perfettamente sviluppato, ad avere il compito di guidarli, di fare loro da modello!!!

Sta a noi capire di cosa hanno bisogno i nostri figli per uscire da quello schema, andando sotto la punta dell’iceberg di quel comportamento.

Perché ci arrabbiamo tanto?

Tutto parte dall’errata interpretazione che diamo al loro comportamento ( lo fa apposta!, vuole farmi impazzire! È uno stupido, una maleducata, un pigro …),che sposta la nostra attenzione da loro a noi: le nostre aspettative disattese, le nostre convinzioni limitanti, i nostri pensieri di inadeguatezza, la nostra frustrazione, il nostro giudizio e rifiuto di ciò che nostro figlio sta manifestando.

 Questo ci devia da quello che dovrebbe essere il nostro focus: connetterci con i nostri figli.

Anziché entrare in connessione con il loro mondo, ci agganciamo al nostro.

Come possiamo arrabbiarci di meno?

Ecco tre chiavi:

prenderla meno personalmente: sono bambini, ragazzi, sono in un processo di crescita e maturazione fisico, emotivo, mentale… punto! Non ci odiano, non ci vogliono far impazzire, hanno bisogno di noi, di sentirsi accolti, di valore, meritevoli del nostro amore.

accettare dove si trova nostro figlio adesso, cosa è in grado di fare in questo momento con le sue emozioni, e partire da qui. Più siamo inaccettanti e facciamo resistenza a ciò che c’è in nostro figlio in un dato momento, più gli comunichiamo che non va bene così com’è.

connetterci con lui/lei e cercare di comprendere cosa in realtà ci sta dicendo. Comprendere il bambino, le sue emozioni e i suoi bisogni, non significa non dare limiti a comportamenti inadeguati. Non è il bambino che è sbagliato! Sono certi comportamenti che possono esserlo, e vanno contenuti.

Facile vero? ?

Vi auguro dal ❤ ogni bene.

Simona

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